Riforma della giustizia: via libera alla separazione delle carriere

Il Parlamento ha approvato in via definitiva la riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere nella magistratura italiana. Si tratta di un cambiamento storico, destinato a modificare in modo profondo l’organizzazione del sistema giudiziario e a ridefinire i rapporti tra giudici e pubblici ministeri.

La riforma, dopo un lungo iter parlamentare, interviene sul Titolo IV della Costituzione, stabilendo che le funzioni giudicanti e requirenti siano esercitate da due corpi distinti e autonomi. In pratica, i magistrati che scelgono la carriera giudicante non potranno più passare alla carriera requirente, e viceversa. È la fine del principio di interscambiabilità che, per decenni, aveva caratterizzato la magistratura italiana.

Due Consigli superiori distinti

Uno degli elementi più innovativi del testo è la nascita di due organi di autogoverno separati: il Consiglio Superiore della Magistratura Giudicante e il Consiglio Superiore della Magistratura Requirente. Entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica e composti da membri togati e laici, con una parte dei componenti estratta a sorte tra candidati idonei. Questa misura mira a ridurre il peso delle correnti interne e a garantire una gestione più equilibrata e trasparente delle carriere.

L’Alta Corte disciplinare

La riforma istituisce inoltre una Alta Corte disciplinare, organo indipendente chiamato a giudicare sui procedimenti disciplinari riguardanti i magistrati. Le sue decisioni non saranno appellabili dinanzi alla Corte di Cassazione, ma potranno essere riesaminate solo in secondo grado dallo stesso organo. L’obiettivo dichiarato è quello di assicurare uniformità e autonomia nei giudizi disciplinari, evitando possibili conflitti d’interesse.

Il percorso parlamentare e il referendum

Il provvedimento ha superato l’ultimo voto al Senato con 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. Non essendo stata raggiunta la maggioranza dei due terzi, la riforma dovrà essere sottoposta a un referendum confermativo, previsto indicativamente per la primavera del 2026. Sarà in quell’occasione che i cittadini italiani saranno chiamati a pronunciarsi definitivamente sulla separazione delle carriere.

Le posizioni politiche

Per la maggioranza di governo, la riforma rappresenta un passo decisivo verso una giustizia più imparziale, in grado di garantire la reale indipendenza dei giudici e di rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Secondo i sostenitori, la netta distinzione tra giudicante e requirente contribuirà a evitare sovrapposizioni di ruoli e possibili condizionamenti nelle indagini.

Di segno opposto le critiche dell’opposizione e di parte della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati ha espresso forti perplessità, sostenendo che la riforma rischia di indebolire l’autonomia della magistratura e di creare due corporazioni distinte, potenzialmente più vulnerabili alle pressioni esterne. Alcuni giuristi hanno inoltre sottolineato il pericolo di una frammentazione del sistema e di un aumento della burocrazia interna.

Le prossime tappe

Dopo il referendum, in caso di conferma popolare, il Parlamento dovrà approvare entro dodici mesi le leggi attuative, che definiranno in dettaglio la composizione, i poteri e le modalità operative dei nuovi organi. Fino all’entrata in vigore delle nuove norme, resteranno in vigore le disposizioni attuali, per garantire la continuità del sistema giudiziario.

Un cambiamento epocale

La separazione delle carriere segna un punto di svolta nella storia della giustizia italiana. Il nuovo assetto mira a rafforzare la terzietà del giudice e a garantire una più netta distinzione dei poteri, in linea con i modelli di altri ordinamenti europei. Tuttavia, le incognite restano numerose: tutto dipenderà dall’esito del referendum e dalla qualità delle leggi attuative che seguiranno.

Con questa riforma, l’Italia si avvia verso una nuova architettura giudiziaria, destinata a ridefinire equilibri istituzionali e a influire profondamente sul rapporto tra magistratura, politica e cittadini.

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